Roma, 1 feb — L’algoritmo di Facebook, quello che fa calare la scure censoria — a propria convenienza — sui terribili «contenuti di odio», ha bisogno di una sistematina, perché in data attuale non è in grado di distinguere un salume da un insulto omofobo: accade così che la piattaforma di Meta ha censurato una campagna pubblicitaria del progetto culinario Interiora Design, colpevole di avere mostrato e descritto… un panino con la finocchiona.
La finocchiona manda in tilt l’agoritmo Facebook
«La Finocchiona è un prodotto che ha il sapore della storia», recitava la didascalia del post. «L’origine risale al Medioevo, quando i norcini per sopperire all’uso del pepe, perché troppo raro e costoso, aggiunsero all’impasto i semi di finocchio». Finocchio, finocchiona, relativi doppi sensi, per l’algoritmo di Facebook è stato come finire in un film di Lino Banfi, decretando che il contenuto pubblicato sembra «insultare o prendere di mira gruppi specifici di categorie protette, pertanto non rispetta i nostri standard della community. Rimuovi eventuali contenuti offensivi dalle creatività della tua inserzione».
Inutile, per l’agenzia che gestisce i social di Interiora Design, la barese laboratorio Com, rivolgersi al team di Facebook per ripristinare il contenuto: il signor algoritmo, completamente in tilt, ha decretato che «finocchio» e soprattutto «finocchiona» sono da riferirsi a quella maniera un po’ sguaiata di apostrofare gli omosessuali. Non è rimasto altro che rifare la campagna pubblicitaria.
L’ottusità dell’intelligenza artificiale
A inconveniente risolto i pubblicitari si sono sfogati. A quanto pare non è la prima volta che l’ottusità dell’algoritmo danneggia gli affari dell’agenzia: «Ci capita spesso e per motivi anche più assurdi», riferiscono a Repubblica. «Facciamo campagne su alcuni tipologie di categorie, come persone con determinate malattie, e Facebook ce le blocca puntualmente pensando siano discriminatorie: è il limite dell’intelligenza artificiale, tanto bella quanto dannosa». E fortemente limitata, ci verrebbe da aggiungere.
Cristina Gauri
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