L’unica cosa realmente certa sull’identità del terrorista riguarda la sua nazionalità. Al Adel è infatti egiziano. Nato nel Paese nordafricano l’11 aprile del 1960, di lui si perdono le tracce nei primi anni ’90 quando sposa la causa jihadista.
Sul nome però ci sono ancora oggi pareri discordanti. Said Al Adel infatti sarebbe solo un nome di battaglia ottenuto dopo l’ingresso in Al Qaeda. La sua vera identità sarebbe quella di Mohammed Salah al-Din Zaidan. Secondo i servizi segreti egiziani, Zaidan è un laureato in economia e viene indicato come membro di Al Qaeda a partire dal 1991.
Nella scheda dell’Fbi tuttavia, si fa riferimento anche a un altro nome: quello di Ibrahim Makkawi. Una figura quest’ultima corrispondente a un ex colonnello delle forze speciali egiziane, il quale aderisce alla Jihad Islamica egiziana nel 1987 e viene tratto in arresto dai servizi di sicurezza de Il Cairo per un tentativo di rovesciamento del governo di Mubarack. Gli egiziani tuttavia sostengono che l’identità di Makkawi non corrisponda a quella di Saif Al Adel. Considerando quindi più verosimile la pista che porta a considerare Salah al-Din Zaidan come il vero nome del terrorista di Al Qaeda.
Gli Usa ad ogni modo segnalano entrambi i nomi nella scheda. Nel documento sono contenute tre foto del terrorista. La prima risale agli anni ’80, quando Al Adel è ancora un uomo libero in Egitto. La seconda invece lo ritrae nel 2000 in un campo di addestramento di Al Qaeda in Afghanistan. La terza invece è più recente e risale al 2012: in questa occasione si troverebbe in una strada del centro di Teheran.
A prescindere dalla reale identità di Saif Al Adel, è certo che inizia la sua scalata all’interno dei movimenti jihadisti sul finire degli anni ’80. Il contesto è quello di una profonda repressione dei gruppi islamisti in Egitto, partita dopo l’omicidio dell’ex presidente Sadat nel 1981. In Egitto è attivo in quegli anni il futuro leader di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri. È possibile quindi che Al Adel subisca l’influenza del suo connazionale, corso in Afghanistan a metà degli anni ’80 per aderire alla galassia jihadista in lotta contro l’invasione sovietica.
Sono gli anni in cui Al Zawahiri è in contatto con molti terroristi sauditi e conosce Osama Bin Laden. Dalla collaborazione tra i due e altri esponenti jihadisti, nasce Al Qaeda. I servizi segreti Usa ed egiziani sono certi dell’ingresso di Al Adel nell’organizzazione islamista nel 1991. La sua abilità in battaglia gli conferisce molto credito agli occhi dei capi di Al Qaeda.
Nei primi anni ’90 gli viene affidata la cura di numerosi campi di addestramento per terroristi. Al Adel è quindi segnalato in Afghanistan, in Pakistan, in Sudan (dove in quel momento si trova Bin Laden) e in Somalia. Ci sono molti sospetti di un suo profondo coinvolgimento proprio nelle vicende somale. In particolare, Al Adel avrebbe un ruolo nella battaglia di Mogadiscio del 1993. Quella cioè nota per l’abbattimento dei Black Hawk statunitensi, impegnati in quei giorni nella capitale somala. Al Adel avrebbe partecipato direttamente alla battaglia, dando supporto e addestramento ai miliziani.
La profonda conoscenza della realtà jihadista africana, porta Al Adel a progettare assieme agli altri leader di Al Qaeda quello che, fino all’11 settembre 2001, è considerato il più grave attacco islamista agli Usa. Ossia gli attentati contro le ambasciate statunitensi di Nairobi e Dar Es Salam.
L’idea, condivisa con Bin Laden e Al Zawayri, è quella di attaccare obiettivi di Washington all’estero. Secondo i servizi segreti Usa, la regia di quegli attacchi è nelle mani di Al Adel. È lui a pianificare nel dettaglio l’azione: nel giro di pochi mesi, recluta i terroristi esecutori materiali delle due stragi, fa arrivare l’esplosivo ed elude la sicurezza sia dei Paesi africani coinvolti che degli stessi Stati Uniti.
Il 7 agosto 1998 l’operazione terroristica va in porto. Nella capitale del Kenya e nella città più grande della Tanzania, due esplosioni quasi in contemporanea distruggono gli edifici delle ambasciate Usa. Muoiono 224 persone, in gran parte operatori del luogo mentre sono 12 i cittadini statunitensi a perdere la vita.
La risposta di Washington, ordinata dall’allora presidente Clinton, arriva il 20 agosto. Vengono bombardati obiettivi in Sudan, considerata ancora la base logistica africana di Al Qaeda, e in Afghanistan. È nota infatti la presenza di Bin Laden nel Paese asiatico già dal 1996, due mesi prima della presa del potere da parte dei talebani nel 1996. Contestualmente, è forte quindi il sospetto che il territorio afghano rappresenti la base dell’organizzazione jihadista.
Da quel momento in poi, il nome di Al Adel rientra nella lista dei terroristi più ricercati. Le indagini puntano sul suo ruolo operativo nella pianificazione e realizzazione degli attacchi del 1998. Su di lui inizia a pendere una taglia da dieci milioni di Dollari. Ma, soprattutto, da adesso il suo nome è accostato al fianco dei vertici di Al Qaeda.
Non è chiaro quando Al Adel si trasferisca in Afghanistan al seguito di Bin Laden. È certo però che sul finire degli anni ’90 è a lui che, ancora una volta, Al Qaeda affida l’organizzazione e la gestione dei campi di addestramento. Sotto la sua supervisione passano alcuni dei più importanti terroristi che entrano nella galassia jihadista.
Tra questi, anche coloro che compongono una parte del commando in azione l’11 settembre 2001. Il giorno cioè degli attacchi portati in territorio Usa, con gli aerei dirottati che colpiscono le Torri Gemelle di New York e il Pentagono a Washington. L’addestramento curato da Al Adel viene certificato da un rapporto del Counter Extremism Project statunitense.
Tuttavia il terrorista non sembrerebbe mai essere del tutto favorevole a un’azione sul suolo Usa. Diversi rapporti citati dalla commissione di inchiesta dell’11 settembre, indicano in Al Adel uno dei pochi leader di al Qaeda contrari all’organizzazione dell’attentato. Le sue perplessità sarebbero emerse due mesi prima degli attacchi. Non è un caso che nella scheda dell’Fbi non compaiano riferimenti a sue specifiche responsabilità sull’11 settembre, bensì solo quelle relative agli attentati dell’agosto 1998.
Al Adel risulta ancora in Afghanistan quando nell’ottobre del 2001 gli Usa bombardano Kabul in risposta all’11 settembre. Anche nei mesi successivi, il terrorista si troverebbe in territorio afghano e in particolar modo nella roccaforte talebana di Kandahar. Tuttavia, con la fine del regime degli studenti coranici, sceglie di andare in Iran.
L’indicazione arriva da diverse fonti di intelligence, anche se c’è discordanza sulla data del suo spostamento in territorio iraniano. Al Adel sarebbe arrivato a Teheran già sul finire del 2001. Per altri invece, come ad esempio l’ex investigatore dell’Fbi Ali Soufan, il terrorista approda in Iran solo tra il 2002 e il 2003.
Da qui riesce comunque a coordinare alcune attività importanti di Al Qaeda. Come ad esempio l’organizzazione dell’attentato di Riad del 12 maggio 2003. Un coinvolgimento su cui però non tutti in ambito di intelligence sono d’accordo. Secondo Sulaiman Abu Ghaith, considerato portavoce di Al Qaeda nel periodo dell’11 settembre, è impossibile considerare Al Adel artefice dell’attentato di Riad in quanto detenuto in quel momento ai domiciliari dalle autorità iraniane.
Abu Ghait è forse il membro dell’organizzazione jihadista che meglio conosce Al Adel. Anch’egli infatti fugge in Iran ed è sottoposto ai domiciliari per diversi anni. Viene arrestato e successivamente interrogato nel marzo 2013, mentre si trova all’interno dell’aeroporto di Amman. Le sue dichiarazioni sono importanti per accertare la presenza di Al Adel in territorio iraniano.
Risulta difficile però tracciare con precisione l’attività e gli spostamenti di Al Adel. La sua permanenza ai domiciliari in Iran viene data per terminata una prima volta nel marzo del 2010. Secondo rapporti dei servizi di sicurezza Usa, Al Adel viene rilasciato in cambio della liberazione del diplomatico iraniano Heshmatollah Attarzadeh. Nell’ottobre successivo, il quotidiano tedesco Der Spiegel parla della presenza del terrorista egiziano in Pakistan e, in particolare, nelle aree tribali del Waziristan. Lì dove i confini tra Afghanistan e Pakistan sono solo sulla carta.
Abu Ghait tuttavia, nel 2013 sostiene che Al Adel si trovi ancora detenuto ai domiciliari a Teheran. È possibile quindi ipotizzare un suo ritorno in Iran tra il 2011 e il 2012. Proprio a questa data risale la sua ultima foto catalogata e diffusa dall’Fbi: secondo gli Usa, lo scatto è stato effettuato nella capitale iraniana e ritrae Al Adel in una via del centro di Teheran.
Il 20 settembre 2015 questa volta è Al Arabiya a parlare di una nuova liberazione del terrorista egiziano, nell’ambito di uno scambio di prigionieri organizzato dall’Iran. L’anno successivo invece, Al Adel potrebbe essersi recato in Siria. A sostenerlo è un profilo Twitter considerato vicino ad Al Qaeda, secondo cui la sua presenza in territorio siriano è legata all’esigenza di Al Zawahiri, nel frattempo subentrato dal 2011 a Bin Laden nella guida del gruppo jihadista, di riorganizzare le proprie cellule in Siria. Qui infatti l’Isis, con la fondazione del califfato, subentra ad Al Qaeda e prende lo scettro di principale gruppo terroristico di matrice islamista.
Secondo il dipartimento di Stato Usa, Al Adel si troverebbe ancora in Iran. O perché ritornato dopo l’esperienza siriana oppure perché semplicemente mai andato via da lì. L’Fbi crede inoltre che Al Adel sarebbe libero di recarsi costantemente in Pakistan per incontrare gli altri leader di Al Qaeda.
Il 31 luglio 2022 un raid statunitense a Kabul colpisce quello che viene ritenuto l’ultimo nascondiglio di Al Zawahiri. Il capo di Al Qaeda viene ufficialmente considerato deceduto nell’attacco. Alcuni giorni dopo, negli ambienti della sicurezza Usa si diffonde la notizia della nomina di Al Adel quale suo successore.
Ma occorre aspettare il febbraio 2023 per avere la conferma. Un rapporto delle Nazioni Unite indica in Al Adel il nuovo numero uno di Al Qaeda. Tesi sposata anche dal dipartimento di Stato Usa.
Tesi secondo cui, tra le altre cose, l’organizzazione non ufficializza la nomina per due motivi. In primo luogo, per non mettere in imbarazzo i talebani. Questi ultimi infatti non riconoscono la morte di Al Zawahiri avvenuta con il raid di luglio: la posizione degli studenti coranici, tornati al potere nell’agosto 2021, è volta a non confermare l’uccisione dell’ex capo di Al Qaeda nel proprio territorio in quanto questo coinciderebbe con l’ammettere di aver dato ospitalità ai terroristi. Circostanza che contravverrebbe agli accordi con gli Usa siglati a Doha nel 2020.
In secondo luogo, per Al Qaeda risulterebbe imbarazzante ammettere che il proprio nuovo leader operi dall’Iran. Paese quest’ultimo retto da una teocrazia sciita, considerata rivale da un movimento, come quello jihadista, afferente al mondo sunnita.