Roma, 12 gen – La questione delle accise sta diventando una tegola per il governo di Giorgia Meloni, che fa fatica a gestire una situazione sulla quale ha ormai dichiarato esplicitamente di non volere e non potere intervenire.
Accise, il governo dalle giustificazioni alle ammissioni
Si è partiti dal tentativo di denuncia delle “speculazioni” da combattere. Da parte di Matteo Salvini ma pure dallo stesso presidente del Consiglio. I rincari sarebbero stati dovuti a dei “furbetti” che provavano a rilanciare il prezzo di listino del loro carburante ai distributori. Una spiegazione che non ha mai retto molto, considerato l’andamento in risalita del prezzo del petrolio alla fine di dicembre. Possibile, ovviamente, che qualcuno tiri acqua al proprio mulino, ma davvero difficile che riesca a condizionare i prezzi generali attuali. Dopo una fase molto insistita su questa motivazione, culminata nell’incontro del presidente del Consiglio con i vertici della guardia di finanza, ieri Francesco Lollobrigida è stato tra i primi a riconoscere come l’esecutivo abbia semplicemente scelto di non mettere risorse nel contenimento dei prezzi del carburante.
Successivamente lo ha fatto anche Giorgia Meloni, che come riporta l’Ansa, ammette esplicitamente: “Invece di spalmare 10 miliardi abbiamo deciso di concentrare le risorse su chi ne aveva più bisogno. Abbiamo fatto una scelta che rivendico e che è di giustizia sociale“. Per poi aggiungere: “Per tagliare le accise non avremmo potuto aumentare il fondo sulla sanità, la platea delle famiglie per calmierare le bollette domestiche, per i crediti delle pmi: tutte queste misure sarebbero state cancellate per prevedere il taglio della accise”. E infine: “Io sono convinta delle scelte che ho fatto perché penso che fosse più sensato aiutare chi ha il salario basso, chi non aveva un posto di lavoro, chi non riesce a fare la spesa piuttosto che usare le risorse per consentire diciamo a me, parlo di me, che comunque ho uno stipendio di tutto rispetto di pagare la benzina di meno. Questo è un governo che deve fare delle scelte”.
Osservazioni anche comprensibili, ma si torna sempre al dubbio iniziale: con la benzina che sale e i costi che si riberberano su tutto il resto (aziende in primis), non si rischia di portare tanta gente a poterlo perdere, il lavoro? La realtà è che sembra quasi la storia dell’uovo e della gallina, ma nella quale sarebbe difficile dover scegliere. Ma forse, il dramma sta proprio lì: dover scegliere.
Nel frattempo i benzinai non ci stanno. Nel pomeriggio di ieri è stata indetta una riunone tra le tre sigle che rappresentano i gestori dei carburanti, ovvero Faib-Confesercenti, Fegica e Figisc-Confcommercio. Tutte chiedono un incontro con il governo per comprendere meglio la situazione dopo il decreto. Si sta valutando anche uno sciopero a fine mese. La situazione, insomma, non è delle più tranquille.
Alberto Celletti
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