Dopo sei mesi Israele è tornata a colpire l’aeroporto internazionale di Aleppo, che secondo le autorità siriane sarebbe stato gravemente danneggiato. A riportarlo l’agenzia siriana Sana, secondo cui l’Israel Air Force avrebbe nella notte compiuto degli attacchi aerei contro lo scalo della città gravemente danneggiata dal recente terremoto al confine con la Turchia.
Il raid che colpisce l’aeroporto
Le difese aeree delle forze armate siriane di Bashar al-Assad sono entrate in azione ma da Damasco non hanno segnato se sono avvenuti o meno intercettamenti di missili israeliani. Il silenzio è anomalo perché in genere la Siria rivendica di abbattere sempre alcuni dei missili israeliani che cadono sulle sue infrastrutture.
Le immagini diffuse sui social mostrano lo scalo di Nayrab colpito da diversi incendi e anche se non sembrano esserci vittime civili il raid appare essere ancora più esteso di quelli che hanno colpito l’aeroporto a settembre. Si tratta del primo attacco a un mese di distanza dal raid di Damasco del mese scorso in cui sono stati uccisi cinque civili.
L’attacco dà l’idea di rappresentare un ennesimo avvertimento all’Iran e alle sue strategie di proiezione in Siria e Medio Oriente. Al centro della strategia israeliana il timore che i voli commerciali iraniani possano rappresentare un Cavallo di Troia per trasportare armamenti e munizioni ai suoi proxy regionali come Hezbollah e le milizie sciite irachene che combattono in Siria. “Israele vede l’espansione dell’Iran in tutta la Siria come una continua minaccia alla sua sicurezza nazionale e ha condotto questi attacchi su una vasta gamma di obiettivi nel tentativo di frenare le forze iraniane nella regione”, nota il Times of Israel. Come al solito da Tel Aviv non è giunto alcun commento ufficiale sull’evento, a riproposizione della strategia di guerra-ombra che prosegue da anni e che vede lo Stato ebraico in proiezione estremamente assertiva contro Teheran.
Un autogol d’immagine per Tel Aviv
La mossa appare comunque poco giustificata dal punto di vista dell’immagine e della razionalità strategica e rischia di trasformarsi in un boomerang politico per il governo di Benjamin Netanyahu. Il quale manda un messaggio decisamente poco edificante attaccando Aleppo a poche settimane di distanza dal terribile terremoto che ha sconvolto il Nord del Paese e anche l’antica città, già martire nella guerra civile siriana. Dall’aeroporto d’Aleppo potrebbero in futuro transitare aiuti umanitari diretti alla popolazione civile che vuole riprendersi dopo il sisma del 6 febbraio: l’Iran è stata la prima nazione a presidiare lo scalo di Aleppo con i suoi aiuti, che però hanno visto sommarsi anche quelli inviati dall’Arabia Saudita, arci-nemica di Teheran, che con il terremoto ha teso un ramoscello d’ulivo ad Assad.
L’aeroporto di Aleppo, a prescindere dalla giustificazione o meno del raid israeliano contro presunte armi iraniane, è oggi inservibile per gli aiuti umanitari che anche l’Italia e l’Occidente inviano. “Aleppo è una città martire”, ha dichiarato ad Avvenire il nunzio apostolico in Siria, cardinale Mario Zenari. Negli anni per Zenari “questa è gente che ha sofferto il martirio, ogni genere di armi sono state sganciate su questa popolazione, poi è stata quella che io chiamo la bomba della povertà”. Ad Aleppo oltre il 90% della popolazione è sotto la soglia di povertà e “adesso questa orribile catastrofe naturale. Ora la gente, anche i religiosi ti ti chiedono: perché ora anche questa tragedia? Difficile rispondere, qui c’è solo la risposta della solidarietà”. A cui il governo di Benjamin Netanyahu decide di agire in controcorrente.
Il nodo della coordinazione con la Russia
Ma c’è di più. Il fatto, cioè, che Israele non colpisce in totale autonomia quando si muove in Siria. Ogni mossa di Tel Aviv presuppone il coordinamento tra le Israeli Defence Force e le forze russe presenti sul terreno, ridotte dopo la guerra in Ucraina, per garantire che vengano evitati scontri diretti tra Russia e Israele. Anche dopo l’invasione dell’Ucraina la coordinazione russo-israeliana continua e negli scorsi mesi lo ha confermato anche l’ex Ministro della Difesa Benny Gantz.
Nulla sembra essere cambiato in questi mesi dopo il ritorno al potere di Netanyahu. “Israele vuole anche evitare qualsiasi interruzione delle pratiche che consentono ai comandanti israeliani e russi di comunicare tra loro ed evitare conflitti tra le loro forze”, nota il New York Times. “Una linea telefonica crittografata è stata installata nel 2017 per collegare una base aerea russa nella Siria occidentale a un centro di comando dell’aeronautica israeliana sotto una base militare a Tel Aviv” e ogni raid viene preventivamente comunicato da Israele ai comandi russi. Se così fosse stato anche in questo caso, e la Russia avesse acconsentito, si tratterebbe di una mossa difficile da spiegare nell’ottica della stabilità regionale in chiave geopolitica. E si creerebbe un dilemma destinato ad aggiungersi al dramma umano dell’isolamento di Aleppo.
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