L’ultima uscita in ordine di tempo è stata la firma di richiesta per entrare nell’Unione Europea, con tanto di sfoggio del documento ed esultanza con i suoi. Se la guerra si combattesse sui social, Volodymir Zelensky avrebbe già vinto. E se fosse una sfida diretta con Putin, ancor di più.
Il presidente ucraino sta affrontando una guerra anche di immagine. Lo fa a suon di cuoricini, like e condivisioni che lo hanno portato nel giro di pochi giorni a racimolare seguaci in tutto il mondo. Il 20 febbraio il twitter di Zelenski contava 434mila follower, ora sono oltre quattro milioni. Decuplicati. Mentre su Instagram è passato da nove a tredici milioni.
Non è la prima battaglia combattuta nell’era dei social. Ma è la prima combattuta in un certo modo. Si pensi all’Isis o ai talebani che della comunicazione hanno fatto la loro arma di forza, soprattutto per inviare messaggi al nemico, impaurirlo, mostrare la propria forza. Qui è diverso, Zelensky aggrega, unisce il popolo ucraino e quello democratico tutto.
«L’impressione che ho è che Zelensky sia seguito da professionisti, soprattutto per una questione di tempo: ha un ritmo di condivisione alto e lo ha impresso di pari passo con il suo successo social – spiega Pietro Raffa, esperto di comunicazione – Si sta diversificando a livello di comunicazione digitale, su Twitter – luogo della diplomazia 2.0 – lancia messaggi scritti, su Instagram video e immagini, colpendo altre corde».
Con un passato da comico, la vena da intrattenitore sta tornando utile a Zelensky, che in ogni suo messaggio mantiene il pathos non risultando falso o pomposo. Anzi, la battuta pronta non gli manca, vittima anche il presidente del consiglio italiano: “La prossima volta cercherò di spostare l’agenda di guerra per parlare con Draghi”, aveva twittato Zelensky (poi il malinteso è stato risolto).
Zelensky è efficace proprio per questo: resta umano e ogni suo cinguettio diventa virale. Nella storia del presidente verità e finzione si fondano e mischiano. Zelenski ha già recitato il ruolo del presidente – lo ha fatto in una fiction, scritta da lui stesso – interpretando la vita di un professore sfaccendato e scocciato da una politica immobile e corrotta e che inaspettatamente vince la corsa alla presidenza Ucraina. Il titolo della serie, uscita nel 2015, è una sorta di premonizione dello Zelenky di oggi: Sluha Narodu, “il servitore del popolo” (anche il suo partito si chiama così).
«Prima della nostra epoca immaginare che gli attori potessero diventare presidenti o politici era impensabile. Non solo questo è stato legittimato, ma si nota che in queste figure dello spettacolo si compenetra molto l’affetto del pubblico e il sostegno che diventa politico-statale. In prospettiva può mostrare i suoi effetti: siamo sempre più tele o web spettatori e il consenso si gioca anche su quello», dice Davide Grasso, scrittore e insegnate. «Zelensky non è il primo che fa il salto, di compenetrare immagine e realtà, ma qui sta mettendo a rischio la sua vita, non è più spettacolo. Tutto assume una visione simbolica ed emotiva, al netto del giudizio politico su di lui», aggiunge Grasso.
Nella vita vera la campagna elettorale di Zelenski è una scalata proprio attraverso i social, soprattutto Instagram e Youtube, in cui rimane fuori dai confronti televisivi con gli avversari e tira dritto. Ma la sua ascesa – eletto nel 2019 con il 73 per cento dei voti e la maggioranza in Parlamento, come non si vedeva dai tempi dell’Urss – dura poco. Prima del conflitto Zelensky è in calo nei sondaggi, quel passato da comico-attore-finto presidente gli si ritorce contro. Il popolo non ride grazie a lui, ma di lui. Ma c’è un giorno specifico in cui questo cambia del tutto: «La battaglia è qui. Mi servono munizioni, non un passaggio», risponde agli americani che vogliono evacuarlo a due giorni dall’inizio degli scontri. Twitta la frase e i social esplodono. Zelenski si spoglia, toglie le vesti istituzionali, abbandona giacca e cravatta, e sposa un look militare. Maglietta e pantaloni cargo verde militare. La metamorfosi a “servitore del popolo” è completata.
«L’altra cosa in cui è bravo è il coinvolgimento di altre figure pari rispetto a lui. Sta utilizzando un mezzo a fini istituzionali, ma in modo orizzontale», aggiunge Raffa. Video selfie, foto selfie, Zelensky coinvolge il suo entourage, non lo lascia dall’altro capo del tavolo a sette metri di distanza come Putin. Vuole suggerire che è uno come tutti, un ucraino che combatte per la propria terra. Dall’altra parte il presidente russo mantiene la sua solita comunicazione, che si rifà alla propaganda classica dei dittatori del ‘900, ma anche alle figure di potere dei secoli. Dalle statue in marmo dalle fattezze migliorate, ai quadri a cavallo sul campo di battaglia, i regimi si fondano sulla figura dell’uomo forte: «Putin è classico, ma non noioso. Ha la sua identità precisa, pensiamo alle foto con l’orso. Fa vedere che è un uomo fortissimo, che ha in pugno la situazione. Incute timore anche al suo staff, come a dire: sono io quello che comanda», spiega Raffa.
E mentre Putin sta sul trono solo a dar ordini come gli zar a cui dice di ispirarsi nella sua politica imperiale e sembra non fidarsi neanche dei più stretti collaboratori, Zelensky fa rete: i suoi social fungono da hub comunicativo, solidificano alleanze. Tagga i maggiori rappresentanti delle istituzioni europee, crea disintermediazione: sono i media che corrono dietro a quello che dice. Finora di voci contrarie al presidente ucraino non se ne vedono e sembra aver vinto la missione “tutti dalla mia”: «In comunicazione si dice che il 20 percento delle persone produce l’80 percento dei contenuti – dice Raffa – Quindi non è detto che l’opinione che emerge sia quella più condivisa. Ma i putiniani, vediamo in questi giorni, stanno avendo più di una difficoltà».
Come raccontano le cronache dal campo in Ucraina, i consensi verso Zelensky sono unanimi: «Prima non l’avrei mai votato, ora è lui a unire l’Ucraina», dicono i civili. Zelensky si è fatto eroe patriottico contro le aspettative di molti, fino al sacrificio finale, se necessario. E se è vero che durante le difficoltà si fa cerchio intorno al leader, superando le antipatie e i dissensi precedenti, non sta avvenendo lo stesso con Putin, costretto a confrontarsi con le proteste in casa di chi rifiuta questa guerra. Intanto continua ad allungarsi la lista di immagini iconiche con protagonista Zelensky: l’ultima lo vede a pugno chiuso e sorriso fiero a chiusura del suo primo discorso in collegamento con il Parlamento europeo. Alla faccia di chi dava del nazista a un ebreo.