Prima l’India, poi gli Emirati Arabi Uniti. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni parte per un tour che ha come obiettivo quello di far tornare l’Italia nel palcoscenico asiatico, in particolare dell’Indo-Pacifico e del Medio Oriente e Golfo Persico. Scelta nient’affatto secondaria, dal momento che in quel settore non c’è in ballo solo il destino dei presenti e futuri equilibri geopolitici, ma anche un complesso intreccio di interessi economici e strategici da cui l’Italia non può (né vuole) rimanere esclusa.
Per Meloni si tratta di due viaggi tesi ad approfondire il dialogo con due potenze regionali con cui l’Italia ha rapporti profondi ma allo stesso tempo non sempre facili. Per la prima tappa, l’India, l’affaire della questione dei “marò” ha avuto un peso molto rilevante nei rapporti bilaterali. Roma e Nuova Delhi hanno mostrato, negli ultimi anni, un progressivo riavvicinamento dettato soprattutto dall’interscambio commerciale e dal settore della Difesa, fondamentale per una potenza come l’India in piena fase di modernizzazione delle proprie forze armate. Uno step importante in questo lavoro di ricucitura lo ha avuto anche il G20 di Roma, momento in cui nella capitale italiana è arrivato il primo ministro Narendra Modi insieme a una folta delegazione del colosso asiatico interessato sia al vertice internazionale che a un nuovo appeasement con il Belpaese.
Inoltre, come ulteriore tappa di riavvicinamento tra il governo Meloni e l’esecutivo indiano, il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego Di Cremnago è stato in India con incontri che hanno avuto al centro proprio la cooperazione in diversi settori dell’industria bellica, dal comparto subacqueo a quello aereo. In quell’occasione, rispondendo all’Adnkronos, Perego aveva detto di aver visto che “tra Italia e India si sta aprendo un nuovo capitolo delle relazioni. Un rapporto che noi dobbiamo guardare con estremo interesse per la dimensione che Nuova Delhi occupa nelle attuali e future dinamiche globali”.
Un numero su tutti: Nuova Delhi, nei prossimi anni, dovrebbe investire circa 200 miliardi di euro solo nel settore della difesa. Un tema a cui si unisce anche quello della diversificazione dei partner di un Paese storicamente legato alla Russia, oltre che alla Francia, e che ora punta da un lato alla nazionalizzazione della produzione, dall’altro lato a evitare di essere eccessivamente legata a Mosca in un periodo in cui le sanzioni Usa pesano anche sulle possibilità di investimento e di partnership con le aziende russe. A questo proposito, non va dimenticato che gli Stati Uniti hanno da tempo stretto i rapporti con il Paese anche attraverso una serie di iniziative militari e strategiche volte al contenimento della Cina (in primis il Quad). In tal senso, l’India ha sempre mantenuto una forte autonomia strategica, con una diplomazia estremamente indipendente rispetto anche ai blocchi che si sono formati negli anni nel mondo, ma è chiaro che la rivalità con la Cina e il sostegno Usa non possano essere scissi dal nodo russo. Motivo per il quale è possibile che diventi inevitabile un riassestamento delle relazioni industriali indiane in cambio anche di un supporto nel settore dell’Indo-Pacifico.
Proprio la nota capacità indiana di muoversi nel mondo della diplomazia con una certa libertà di manovra e autonomia rispetto ai vari giganti ha permesso inoltre a Modi di diventare una sorta di potenziale mediatore per quanto riguarda la guerra russo-ucraina. L’astensione indiana alla risoluzione dell’Assemblea Generale Onu sulla guerra in Ucraina è un segnale di come Nuova Delhi non abbia intenzione di spostare il proprio baricentro pienamente a Occidente. E il fatto che proprio Meloni abbia espresso l’auspicio di “intensificare i contatti con quei Paesi che si sono ancora astenuti” indica che il Paese è al centro della trama diplomatica sulla guerra. Non a caso proprio in queste ultime settimane il presidente francese Emmanuel Macron si è spesso rivolto all’India mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è recato direttamente a far visita a Modi. In queste ore, inoltre, il G20 dei ministri degli Esteri in India conferma come questo Paese sia un fondamentale palcoscenico di incontri trasversali anche per provare a intavolare un tentativo di dialogo sull’invasione russa dell’Ucraina.
Dopo l’India, per Meloni un’altra tappa non facile: gli Emirati Arabi Uniti. Sullo sfondo i rapporti complessi tra Roma e Abu Dhabi segnati anche qui da un passaggio controverso dei rapporti bilaterali: la scelta di Giuseppe Conte, nel 2021, di seguire l’iniziativa di Joe Biden di revocare le autorizzazione a esportare armi verso Arabia Saudita ed Emirati come sanzione per l’uso nella guerra in Yemen. Da quel momento, i rapporti tra i due Paesi si sono sostanzialmente congelati, complice una scelta, quella del Conte II, che di fatto venne interpretata come uno schiaffo dopo che Abu Dhabi di fatto si era disimpegnata in Yemen e dopo che quelle autorizzazioni erano state concesse quando il conflitto era in corso. Washington, inoltre, cambiò poi idea, confermando contratti estremamente rilevanti. Anche in questo caso, dunque, al pari dell’India, per Meloni si tratta di un appuntamento importante, anche alla luce del ruolo che gli Emirati hanno sia sotto il profilo regionale che energetico.
Gli EAU, come potenza militare emergente dell’area mediorientale, hanno diversi interessi che si snodano dal Mediterraneo orientale al Sahel fino alle coste del Corno d’Africa. Settori in cui gli interessi italiani spesso sono divergenti, specialmente con le alleanze e le partnership, ma che possono trovare una quadratura. Inoltre, in una fase di diversificazione energetica dopo la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, per l’Italia diventa centrale anche il rapporto con i Paesi produttori di petrolio e gas che possono sostituire parti di quegli idrocarburi che giungevano dai giacimenti di Mosca. Come in India, infine, l’Italia ha da tempo intensi rapporti bilaterali con gli Emirati nel settore della Difesa: questione su cui il governo vorrà blindare le relazioni.
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