wagner,-ue-e-“scelte-difficili”.-l'intreccio-tra-serbia-e-kosovo

Wagner, Ue e “scelte difficili”. L'intreccio tra Serbia e Kosovo

Il dialogo tra Kosovo e Serbia si gioca un terreno fragile in cui le ferite del passato si uniscono alle esigenze del presente. Dopo la crisi dei blocchi stradali eretti dalla minoranza serba nella parte settentrionale del Kosovo, la situazione appare al momento tornata su binari di difficile convivenza. Belgrado, dopo la richiesta formale di inviare un contingente militare a tutela delle comunità serbe (richiesta che la Nato aveva già detto di non potere accogliere), ha mostrato di volere fermare le proteste in attesa di un nuovo round di negoziati. Pristina, da parte sua, ha fatto capire di ascoltare le richieste di dialogo da parte di Alleanza Atlantica e Unione europea, consapevole che non potrà esserci un accordo sul proprio riconoscimento senza passi in avanti nel rispetto dei diritti serbi.

Per i rappresentanti occidentali, le aperture mostrate da entrambe le parti si confermano dei passi in avanti importanti, per quanto ancora non decisivi. In questi giorni, a Pristina e Belgrado sono arrivati gli inviati Ue e Usa per i Balcani occidentali, Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar, il consigliere del governo italiano Francesco Maria Talò e gli omologhi tedesco, Jens Ploetner, e francese, Emmanuel Bonne. Lajcak, alla fine dell’incontro con il premier kossovaro Albin Kurti, ha definito il vertice “non facile”, lasciando trapelare una certa ritrosia di Pristina nell’accettare il piano di normalizzazione europeo, in particolare quello franco-tedesco. Ma Kurti, dopo il meeting con i rappresentanti occidentali, ha comunque definito il piano europeo “una buona base per l’ulteriore negoziato”, segno che c’è volontà di dialogo pur senza ritenere il negoziato quasi chiuso.

Diverso invece l’approccio di Lajcak dopo l’incontro con il presidente serbo, Aleksandar Vucic, di cui è stato sottolineato l’approccio “responsabile” e la volontà di mettere in conto l’assunzione di decisioni difficili per la prospettiva europea della Serbia. Il capo di Stato balcanico, a fine incontro, ha detto che c’è la consapevolezza di “accettare il concetto del piano di accordo europeo sul Kosovo” e che la Serbia è pronta “a lavorare per la sua attuazione” pur ribadendo la “preoccupazione e riserva su un punto importante, che non posso tuttavia rivelare”. Per l’opposizione, dovrebbe essere il riconoscimento di Pristina all’interno delle Nazioni Unite: una svolta che, secondo i nazionalisti serbi, sarebbe il frutto di un ultimatum occidentale a cui Belgrado si sarebbe piegata per evitare problemi nel processo di adesione all’Ue. Lo stesso Vucic del resto aveva parlato di “giorni non facili” e di “decisioni molto difficili”. Mentre Bosko Obradovic, leader dei nazionalisti di Dveri, ha invocato una riunione d’urgenza del parlamento evocando anche proteste di piazza per fermare l’eventuale aut aut posto dalla comunità internazionale. Sulla chiarezza dei contenuti dell’accordo si è espressa tutta l’opposizione parlamentare. E l’impressione è che le dichiarazioni di Vucic e del ministro degli Esteri Ivica Dacic sulle linee rosse invalicabili non abbiano tranquillizzato gli animi.

Sulla pressione occidentale nei confronto di Belgrado si è unito in questi giorni anche un altro tema, che rischia di essere usato come ulteriore campanello d’allarme per i gruppi nazionalisti legati anche alla comunione di intenti con Mosca. Vucic, in un’intervista all’emittente Happy TV, aveva risposto alle notizie sul presunto reclutamento di mercenari serbi da parte della Wagner criticando “gli amici russi” per qualcosa che viola la legge dello Stato. Il capo della Wagner, Evghieni Prigozhin, aveva negato sia il reclutamento dei serbi che le voci sul possibile coinvolgimento di alcuni suoi contractors nei blocchi serbi nel nord del Kosovo. Ma è chiaro che nel momento in cui la compagnia dello “chef di Putin” viene inserita nell’elenco Usa delle organizzazioni criminali transnazionali, e in una fase di totale contrapposizione tra Occidente e Russia, ogni contatto tra la “legione” del Cremlino e esponenti serbi viene visto come un problema fondamentale per qualsiasi normalizzazione.

La Serbia ha sempre manifestato un complesso equilibrio diplomatico tra forti legami con la Russia e volontà di aderire all’Ue, mancato riconoscimento del Kosovo ma anche non riconoscimento di Crimea e Donbass russi, così come tra dipendenza dal gas russo e desiderio di aprirsi ad altri partner. In questo delicato intreccio, il rapporto con Pristina e il desiderio di un piano per aderire all’Ue si inseriscono nel complicato quadro balcanico nel momento in cui l’impero russo appare sempre più debole e Bruxelles in grado di inserirsi nella regione. Ma è probabile che tutto questo complesso gioco di alleanze, accordi, partnership e “road-map” sia sempre più difficile da mantenere.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *