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Vladimir Putin e l'assedio di Leningrado

L’utilizzo della Storia per compattare l’opinione pubblica, “spiegare” le ragioni di una strategia e anche per far vedere come reagire di fronte alle conseguenze delle proprie scelte è in elemento comune a diversi leader. Vladimir Putin, in questo senso, non fa certo eccezione. E anzi, l’uso del passato da parte del leader del Cremlino è stato spesso centrale nella propaganda e come fondamentalo pubblico delle scelte di politica interna quanto di quella estera, diventando sempre più importante soprattutto nel momento in cui è ampliato il divario tra la Russia e l’Occidente.

Non deve sorprendere quindi che il presidente russo abbia scelto di utilizzare di nuovo la storia per intrecciarla con l’attualità. L’ultima giornata è stata caratterizzata dalla sua partecipazione alle commemorazioni per uno dei momenti più drammatici e allo stesso tempo centrali della storia recente del Paese: l’assedio di Leningrado. Per la Russia, l’assedio della città da parte della truppe naziste non è stato solo essenziale nella costruzione della mitologia sovietica, ma è soprattutto il ricordo di una tragedia che implica idea di resistenza all’accerchiamento nemico e rivalsa successiva. Elementi che ora per Putin diventa essenziale anche nella logica di propaganda.

“La memoria storica deve essere preservata in modo da poter rispondere tempestivamente alle minacce emergenti per il Paese. E noi lo faremo, con impegno e a livello di Stato”, ha detto il capo del Cremlino. “Forse dirò una cosa insolita, ma abbiamo una sorta di meccanismo protettivo innato che ci fa dimenticare molto rapidamente tutto ciò che è negativo”, ha continuato Putin, “le nuove generazioni percepiscono alcuni eventi storici in modo da snaturare l’evento stesso. Per far capire che così non è, è necessario che noi ce ne occupiamo”. Ed è un ulteriore segnale di come per il leader russo sia fondamentale unire storia e presente in una realtà metatemporale che serve a identificare una sorta di eternità di problemi ma anche di soluzioni, rievocando di fatto quello “spirito russo”, quella “anima russa”, che è il centro del sistema propagandistico dello zar.

L’utilizzo dell’assedio di Leningrado, particolarmente sentito dallo stesso Putin in quanto nato nella città che pochi anni prima era strangolata dall’esercito di Adolph Hitler, è utile anche per comprendere il meccanismo culturale applicato in questo momento nel sistema politico. Da una parte, la commemorazione dell’assedio serve a rinverdire i fasti della Seconda guerra mondiale (la “Grande guerra patriottica”) come ricordo di un Paese che appariva soggiogato dal nemico ma che poi ha saputo spezzare l’assedio e rovesciare le sorti del conflitto. Questo, per molti esegeti del Cremlino, può essere anche il senso da dare all’attualità russa, in cui molti al governo fanno leva sull’accerchiamento della Russia dato dalle reazioni all’invasione dell’Ucraina e sulla sua resistenza alla pressione come base per poi vincere. E infatti lo stesso leader, come riportato dall’agenzia Tass, ha definito la vittoria della Russia “inevitabile” e che “si basa sull’unità del popolo russo, sull’eroismo dei combattenti delle operazioni speciali, sul funzionamento del complesso militare-industriale”.

Una seconda interpretazione riguarda invece il ricordo di quell’evento tragico e di quella guerra per sostenere i possibili sviluppi interni del conflitto. Da tempo gli osservatori occidentali e soprattutto l’intelligence ucraina indicano che il Cremlino potrebbe approvare a breve una nuova ondata di mobilitazione per rafforzare le truppe impegnate in quella che per Putin continua a essere la “operazione militare speciale”. Usare la narrazione della guerra patriottica e della guerra contro i nazisti – definizione che viene usata oggi contro il governo di Volodymyr Zelensky – aiuta quindi a formare quella base ideologica per una possibile mobilitazione e per compattare un fronte interno che ha visto anche numerose defezioni e tentativi di fuga all’estero per evitare la leva.

Dopo la rievocazione dei fasti degli zar, dell’impero che univa quello che per Putin è il “popolo russo”, dell’”errore” dei bolscevichi nel dividere quell’impero, dopo il ricordo dei generali che combatterono in Ucraina e dello zar Pietro il Grande, ora per Putin è essenziale lanciare un altro messaggio: quello della resistenza e di una spinta interna. L’assedio di Leningrado, con i suoi drammi, il suo eroismo e la sua idea fondativa, salda tutto questo in una propaganda che ora ha bisogno di miti e di eroi.

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