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Strage a Crotone, il racconto dell’orrore: “Nella stiva in più di 150, respiravamo a turno. Gli scafisti fuggiti su un canotto” – Il Riformista

Il numero delle vittime sale a 65

Elena Del Mastro — 28 Febbraio 2023

Strage a Crotone, il racconto dell’orrore: “Nella stiva in più di 150, respiravamo a turno. Gli scafisti fuggiti su un canotto”

Le speranze di poter trovare qualcuno vivo sono ormai finite. Ma intanto aumenta il numero delle vittime certificate del naufragio del barcone che si è schiantato contro una secca a Steccato di Cutro, Crotone. Sono 65, dopo l’ultimo corpo restituito questa mattina dal mare, di cui una ventina di bambini. Di questi solo 23 sono stati identificati. Ma le ricerche non si fermano: ci sarebbero ancora decine di dispersi. Dai verbali emergono le prime agghiaccianti testimonianze dei superstiti che hanno permesso di individuare i tre presunti scafisti accusati di aver condotto dalla Turchia all’Italia il barcone carico di migranti nonostante le condizioni del mare fossero pessime. Si tratta di un cittadino turco e di due pachistani sospettati di aver chiesto a ciascun migrante circa ottomila euro.

“Ho lasciato la Siria nel 2015 per raggiungere la Turchia dove ho vissuto per otto anni – ha raccontato ai carabinieri un uomo siriano, come riportato dal Corriere della Sera – Tramite Facebook ho contattato tale Abo Naser, palestinese conosciuto tramite un amico il quale ha organizzato questo viaggio”. Continua il siriano: “Iniziato il viaggio, dopo alcune ore la barca ha avuto una avaria ed il personale e l’equipaggio ha fatto arrivare una seconda imbarcazione sulla quale siamo risaliti”. L’uomo fa anche una descrizione di uno degli scafisti arrestati e portati in carcere. “La seconda imbarcazione è arrivata con quattro persone a bordo ed era guidata da un turco e da un siriano. Ricordo che il siriano era di corporatura robusta ed era anche un meccanico. Poi c’era anche un altro turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destra che non guidava ma dava ordini a tutta l’imbarcazione. Mi è sembrato una sorta di capo perché dava gli ordini agli altri. Poi c’erano due pakistani, uno che era quello che ha gestito lo spostamento da Izmir alla prima barca”.

Ancora un altro sopravvissuto racconta quello che è successo dopo. “Circa quattro ore prima dell’urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un’ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati. All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato. La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su. Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere sotto c’erano circa 120 persone tra donne e bambini”. I sopravvissuti hanno raccontato che è stato a quel punto che gli scafisti si sono dati alla fuga: “Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato di mettere in salvo mio nipote”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

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