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Reznikov verso la caduta: a Kiev i falchi si prendono la Difesa?

Volodymyr Zelensky è pronto a silurare Oleksiy Reznikov, ministro della Difesa ucraino e tra i protagonisti della resistenza di Kiev all’invasione russa dal 24 febbraio scorso. L’indiscrezione è rimbalzata nei media ucraini nella giornata di domenica e ha mostrato l’apertura di una gravissima crisi politica nell’Ucraina in guerra, dove la piaga della corruzione si è dimostrata essere endemica.

Reznikov ha sul piano politico interpretato il suo ruolo in maniera dinamica. Ha sostenuto le richieste continue e sostenute di Kiev per mezzi e armamenti occidentali; non ha però avallato le richieste più guerrafondaie e irricevibili di personaggi come il viceministro degli Esteri Andriy Melnyk, che da tempo spinge per ricevere cacciabombardieri e sottomarini e chiede il confronto diretto Nato-Russia. Si è rivolto agli alleati occidentali a Ramstein con franchezza, ma al tempo stesso nell’ultimo mese non ha assecondato il clima da guerra totale creatosi nel Paese.

Il ministro che voleva la pace

Giusto un mese fa, l’11 gennaio 2023, parlando a Istanbul con l’omologo Hulusi Akar, Reznikov ha aperto alle prospettive di cessate il fuoco tattici nella linea del fronte. Ha chiesto la ritirata della Russia dai territori occupati, non la guerra totale a Mosca. Come Oleksiy Arestovych, ex consigliere militare della presidenza, è stato un “falco” pragmatico a favore della dignità e dell’indipendenza del Paese, non della sua trasformazione in strumento per guerre per procura altrui. Ma ora rischia di pagare duramente la caduta nello scandalo corruzione.

Dopo che il 23 gennaio scorso il vice ministro delle comunità, dei territori e dello sviluppo delle infrastrutture Vasyl Lozynskiy è stato arrestato per corruzione e licenziato in tronco, un secondo filone delle inchieste anti-corruzione ha toccato la Difesa. “Il caso che coinvolge il ministero della difesa riguardava l’acquisto di razioni militari a prezzi gonfiati”, ha spiegato Politico.eu. “Sebbene Reznikov non abbia firmato personalmente il contratto per la ristorazione della difesa del valore di 13 miliardi di grivne (326 milioni di euro), giornalisti e watchdog anticorruzione hanno affermato che in quanto capo del dicastero avesse la responsabilità ultima” per visionare eventuali tangenti e sovrapprezzi, cosa che non avrebbe fatto.

Reznikov si è scagliato più volte contro lo sciacallaggio e i profittatori di guerra ed è noto per aver dichiarato pubblicamente la sua tolleranza zero nei confronti della corruzione, in ottemperanza con la linea-Zelensky. Non risulta indagato, ma la macchia sul suo ministero appare grave. Il vice di Reznikov, Vyacheslav Shapovalov, è stato licenziato dal ministero della Difesa il 24 gennaio. Reznikov si è difeso esattamente una settimana dopo, quando ha dichiarato di aver fatto da tempo verificare l’esistenza di contratti a prezzi gonfiati e che il 29 giugno scorso era stata avviata un’ispezione sulla catena di fornitura dell’approvvigionamento alimentare dell’esercito, scoprendo diverse criticità che ha voluto colmare nel minor tempo possibile.

Shapovalov è stato arrestato il 2 febbraio, Reznikov non risulta indagato. Ma il ministro della Difesa in carica dal 2021, già vicesindaco di Kiev e capo negoziatore con la Russia prima della guerra, potrebbe a 56 anni subire una brusca fine anticipata della sua carriera politica. Da un lato Zelensky vuole che la sua Difesa sia come la moglie di Cesare: al di sopra di ogni sospetto. Dall’altro, dopo la caduta di Arestovych e la marginalizzazione del Ministro Dmitro Kuleba a favore del vice “falco” Melnyk, l’uscita di scena di Reznikov sarebbe un ulteriore colpo al partito del pragmatismo nella conduzione della guerra. Specie se, come nota il Kyiv Independent, il successore fosse davvero Kyrylo Budanov, capo dell’agenzia di intelligence militare ucraina (Hur), “falco” favorevole alla guerra a oltranza e chiuso a ogni prospettiva di abboccamento con l’aggressore.

Una mossa che aumenterebbe la natura di “piattaforma” per una guerra ibrida Nato-Mosca dell’Ucraina aggredita. Intenta a difendere sé stessa ma necessitante, ad oggi, prospettive politiche reali per la fine di un conflitto senza fine. Che passano dallo stop all’aggressione russa da un lato e per la definizione di un terreno di trattativa dall’altro. I cui fautori nel governo di Mosca mancano o restano silenti e nel campo di Kiev sono sempre più marginali.

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