Messina, 6 feb – Sono già in carcere dalla scorsa estate, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, 5 scafisti egiziani, ma per 4 di loro oggi l’accusa è diventata più pesante: omicidio, aggravato dall’aver agito con crudeltà. Così i magistrati della Procura di Messina, dopo gli accertamenti di natura medico-legale sui corpi dei malcapitati, hanno inoltrato al Gip la richiesta di misura cautelare in carcere, provvedimento notificato dagli uomini della Polizia penitenziaria presso le strutture carcerarie interessate.

I fatti risalgono al 24 luglio scorso, quando due motovedette della Guardia Costiera giunsero al porto di Messina con a bordo 5 cadaveri e 179 persone soccorse in acque internazionali nel corso di una operazione che vide un peschereccio alla deriva con 674 extracomunitari, poi suddivisi tra le città di Messina, Siracusa e Catania. Finite le operazioni di sbarco gli investigatori della Squadra Mobile della Polizia di Stato e del G.I.C.O. della Guardia di Finanza-Nucleo P.E.F., coordinati dalla Procura della Repubblica di Messina e con la collaborazione delle Squadre Mobili di Catania e Siracusa, avviarono le indagini finalizzate alla individuazione degli scafisti.

Ulteriore conferme del modus operandi in terra libica, nella cosiddette connection house, dove per arrivare in Italia, in maniera clandestina, si chiede una cifra pari a 3 mila euro a persona in un attraversamento che prevede condizioni disumane, maltrattamenti e razionamenti d’acqua. Nel caso del peschereccio, poi individuato dalla Guardia Costiera, e partito il 19 luglio dall’Africa, qualcuno ha trovato la morte a causa del caldo e della disidratazione, e a raccontarlo furono gli altri passeggeri. Le loro informazioni permisero però di consegnare gli scafisti alla giustizia italiana e di non fermarsi al già grave reato che li aveva spediti in galera; le indagini, infatti, proseguirono e supportate da ulteriori accertamenti, misero in grado gli inquirenti di capire ciò che aveva condotto alla morte di 5 persone.

Alla fine della fase investigativa così “uomini della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato hanno eseguito la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di quattro cittadini egiziani indagati, in concorso tra loro, per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – è spiegato nel comunicato della Guardia di Finanza con l’aggravante di aver sottoposto i migranti a “trattamento inumano e degradante”, e omicidio aggravato dall’aver agito con crudeltà per averli rinchiusi all’interno della stiva dell’imbarcazione, privandoli di cibo e di acqua ed esponendoli a temperature elevate tanto da provocare la morte di essi”.

Ancora una volta la riflessione va fatta sull’immenso business che ruota attorno all’immigrazione clandestina e a come si intenda fermarlo. Una riflessione che non può essere certo demandata al solo decreto Piantedosi sulle Ong, che rappresentano sicuramente un fattore attrattivo e di incremento esponenziale delle partenze, ma non sono l’unico problema.

Emanuela Volcan

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