Riformare il codice di Mussolini, cioè il Codice Rocco, e dare all’Italia una legislazione penale di impronta liberale, con pene proporzionate alla gravità del crimine. La dichiarazione programmatica del nuovo ministro della Giustizia ha un forte significato simbolico e si propone un traguardo ambiziosissimo.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di dicembre 2022

Innumerevoli sono stati nel corso del tempo i tentativi di mettere mano al codice penale, con un intervento che non fosse soltanto settoriale, ma nessuno ha mai raggiunto l’obiettivo. Di volta in volta, le varie commissioni ministeriali – una delle quali, vale la pena di notarlo, è stata presieduta proprio dall’attuale guardasigilli – hanno elaborato corpose proposte di riforma. Tutte però hanno condiviso lo stesso sterile destino: la mancanza di una volontà politica e di una posizione condivisa tra i partiti, l’estraneità di molte soluzioni ipotizzate alla nostra tradizione giuridica e anche l’insipienza di alcune di esse hanno relegato i progetti nel limbo dell’inconcludenza. E così il Codice Rocco – perché è vero che il codice penale porta la firma di Mussolini, ma la paternità è tutta di questo straordinario giurista – ha attraversato l’intera storia repubblicana e si avvicina a compiere il secolo di vita.

La longevità del Codice Rocco

C’è da chiedersi, allora, come questo testo, che è grossolanamente descritto come l’espressione della feroce furia repressiva del regime che lo ha partorito, abbia potuto adattarsi attraverso il tempo e sia riuscito a soddisfare esigenze sempre nuove. Tante sono le ragioni della sua longevità, tra le quali spiccano lo scrupolo e la cura che accompagnarono la sua gestazione: il codice è stato varato nel 1930 ed è entrato in vigore l’anno successivo, ma la sua redazione ha occupato molti anni di studi e dibattiti, nei quali furono coinvolte la classe forense, la magistratura e l’accademia. È stato, dunque, il prodotto di una profonda riflessione e di un acceso scontro tra le varie «scuole» dell’epoca, dai quali sono sortiti istituti d’avanguardia, ammirati e replicati anche all’estero. Se poi si considera che, prima di licenziare il testo definitivo, fu scrutinata la correttezza dell’uso della lingua italiana, si apprezza la…

Ti è piaciuto l’articolo?
Ogni riga che scriviamo è frutto dell’impegno e della passione di una testata che non ha né padrini né padroni.
Il Primato Nazionale è infatti una voce libera e indipendente. Ma libertà e indipendenza hanno un costo.
Aiutaci a proseguire il nostro lavoro attraverso un abbonamento o una donazione.