Da maggio 2022 a febbraio 2023, non cambia nulla per quanto riguarda la Moldavia “trincerata” alla fine della pace, Paese neutrale tra l’Ucraina sotto attacco della Russia e campo atlantico. Il governo e l’opinione pubblica sono divisi. Le spinte neutraliste, il timore di un’infiltrazione di Mosca via separatisti transnistriani e il rischio di essere trascinati in un gioco più grande convivono nella percezione politica dei cittadini della piccola Repubblica ex-sovietica.
Quando nelle scorse settimane la presidentessa Maia Sandu ha lanciato l’ipotesi che Mosca abbia lanciato una “guerra ibrida” per destabilizzare il Paese, riprendendo le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in molti hanno iniziato a respirare un clima pesante dalle parti di Chisnau.
“Per Costituzione la Repubblica di Moldavia specifica la neutralità del paese, e qualsiasi modifica a questo statuto richiederebbe un referendum popolare”, ricorda Notizie Geopolitiche. “Presente al Forum Economico di Davos, dove ha chiesto all’occidente di continuare il suo sostegno, Maia Sandu ha affermato che se l’analisi della capacità di difesa della Repubblica di Moldavia porta alla conclusione che è necessaria l’adesione ad un’alleanza, il cambio di neutralità deve essere realizzato attraverso un processo democratico”. Si inizia a pensare esplicitamente a un cambio di passo della posizione del Paese e questo è un grande cambiamento per la Moldavia, ma ad oggi non è possibile alcuno spostamento della posizione del Paese.
La Moldavia non può aderire né alla Nato né all’Unione Europea perché presenta al suo interno questioni legate a dispute territoriali, in questo caso per il secessionismo interno della Transnistria e il conflitto congelato nel 1992 sottoposto a vigilanza internazionale a cui partecipa, ironia della sorte, anche la Russia. A maggio, Inside Over si è recata in Moldavia e ha potuto constatare il fatto che in Transnistria la comunità russofona, quella rumenofona e la minoranza ucraina non vogliano essere investiti dal turbine della guerra. La madre di tutte le battaglie si combatte a Chisnau. Dove Russia e Occidente sono le bandiere con cui si combattono, da un lato, il campo degli aperturisti verso Mosca, guidato dall’ex presidente socialista Igor Dodon, che ha le sue roccaforti nella Gagauzia, e dall’ex premier Ion Chicu guidano il partito della distensione con Mosca, ieri sceso in campo in una grande manifestazione di piazza; e dall’altro gli occidentalisti della Sandu, liberale di centro-destra a lungo membro del Partito d’Azione e di Solidarietà.
C’è sicuramente maretta, di questi tempi, a Chisanu. Da un lato Mosca ha sicuramente subodorato la possibilità di logorare ai fianchi la Sandu e alimentando con propaganda favorevole e azioni di diversione il clima teso nel Paese ha minato il terreno al primo ministro Natalia Gavrilița, dimessasi il 16 febbraio e sostituita da Dorin Recean, ex Ministro dell’Interno e uomo vicino ai servizi di sicurezza. Dall’altro, però, le critiche a Mosca espongono la Moldavia a un’eccessiva acquisizione d’influenza da parte dell’Ucraina sulle sue dinamiche interne. Tanto che già a maggio in Moldavia si poteva constatare l’ipotesi che Chisinau potesse essere trascinata nel conflitto da un “colpo di mano” ucraino, magari rivolto contro la Transnistria.
L’allargamento della guerra alla Moldavia avrebbe conseguenze devastanti per la piccola Repubblica già colpita da crisi energetica, rincari nel costo della vita e tensioni politiche. E non conviene, ad oggi, a nessuno. La Russia ha sicuramente responsabilità nell’aver esercitato pressioni alla Moldavia dopo l’avvicinamento all’Occidente, ma il disastro politico della presidenza Sandu è sotto gli occhi di tutti: a maggio aveva invitato il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres a Chisinau in occasione del 9 maggio, per il quale aveva vietato la manifestazione del Giorno della Vittoria temendo fosse la base per un “golpe bianco”. La manifestazione si era comunque svolta, pacificamente e senza incidenti. E Sandu non si era fatta viva al fianco di Guterres, che invece da Chisinau aveva inviato un messaggio di distensione. E nelle scorse settimane ha detto che un presunto golpe pro-Russia sarebbe stato in via di realizzazione con l’aiuto di cittadini di Bielorussia, Serbia e Montenegro. Creando, dunque, ulteriori incidenti diplomatici. E fornendo combustibile all’opposizione che in nome della distensione con la Russia ora cavalca guerre di potere interne con la presidenza. Ma ad oggi c’è da scommettere che difficilmente l’opinione pubblica moldava approverebbe un avvicinamento eccessiva all’una e all’altra parte. Nell’aurea mediocritas Chisinau è riuscita finora, tra mille sofferenze, a resistere. E non vuole precipitare nel gorgo bellico.
Dacci ancora un minuto del tuo tempo!
Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.