Il generale Mark Milley, direttore del Joint Chiefs of Staff americano, ha sottolineato in un’intervista al Financial Times che a suo avviso la guerra russo-ucraina non finirà con schiaccianti successi militari da una parte o dall’altra, ma al tavolo dei negoziati. “Sarà quasi impossibile per i russi raggiungere i loro obiettivi politici con mezzi militari. È improbabile che la Russia conquisti l’intera Ucraina. Semplicemente non accadrà”, ha detto al quotidiano della City di Londra Milley. “È anche molto, molto difficile per l’Ucraina quest’anno cacciare i russi da ogni centimetro dell’Ucraina occupata”, ha però aggiunto. “Non vuol dire che non possa accadere”, sottolinea il generale più alto in grado delle forze armate Usa, “ma è straordinariamente difficile. E richiederebbe essenzialmente il collasso dell’esercito russo”. Dunque la via del negoziato è ben presa in considerazione dalle forze armate a stelle e strisce.
Le parole di Milley non arrivano a caso. L’Occidente inizia a porre dei limiti al suo possibile sostegno bellico all’Ucraina. E a porre dei paletti ben precisi. Lo stop tedesco ai caccia all’Ucraina, la frenata di Jens Stoltenberg sulla prospettiva di un continuo afflusso di munizioni a Kiev, le manovre di Elon Musk e Starlink per porre una distinzione tra utilizzo dell’internet via satellite a fini difensivi e usi bellici non consentiti dall’azienda Usa sono segnali convergenti. I dati dell’Asssociated Press, che mostrano come nell’opinione pubblica americana il sostegno militare all’Ucraina ha sempre meno consensi, essendo il supporto calato dal 60% di maggio al 48% odierno. Le parole di esponenti dell’amministrazione Usa sentiti dal Washington Post di recente un’ulteriore conferma.
Il Washington Post ha ricordato che “Biden e i suoi più stretti collaboratori affermano di essere determinati a sostenere l’Ucraina il più a lungo e il più completamente possibile. Ma avvertono che il percorso politico diventerà più duro quando l’Ucraina avrà esaurito l’attuale pacchetto [di aiuti] del Congresso, cosa che potrebbe avvenire già quest’estate”. Tra la risposta alla crisi energetica, le politiche per la crescita e la stanchezza delle opinioni pubbliche per la situazione di mobilitazione pre-bellica dell’Occidente gli Usa e molti altri Paesi iniziano a accusare una “fatica da Ucraina”. Vale anche per l’Italia, la Germania e la Francia in Europa: sul limitare della fornitura di jet all’Ucraina è stata imposta una linea rossa. “Il punto è che se si inviano jet militari, come da pulsioni suddette, l’escalation potrebbe arrivare a un punto di non ritorno, innescando un conflitto su scala europea”, ha commentato Piccole Note.
In quest’ottica si inseriscono il viaggio di Volodymyr Zelensky a Parigi alla vigilia del Consiglio Europeo e il conseguente colloquio con Olaf Scholz e Emmanuel Macron. Il riserbo sui cui esiti lascia pensare che Parigi e Berlino abbiano imposto una chiara linea politica facendo intendere a Zelensky che il sostegno “fino alla vittoria finale” da lui richiesto non sarà garantito come una cambiale in bianco. La Francia e la Germania, ma a loro modo anche gli Stati Uniti, sostengono attivamente Kiev ma distinguono tra la guerra dell’Ucraina e la loro parte. Che al massimo può essere una guerra per procura, nel caso americano.
Parliamo del versante politico di quello che su queste colonne Paolo Mauri ha scritto sul fronte dell’approvvigionamento militare, citando ad esempio che Kiev consuma 5mila colpi di artiglieria al giorno. L’Ucraina tende al limite le capacità dell’industria occidentale e al contempo in cambio di questa dinamica di rifornimento massiccio l’Occidente intende prendere l’iniziativa politica ricordando che è Kiev a dipendere dal suo aiuto e dunque a doversi adeguare politicamente alle sue priorità. Washington in primis non vuole spingere eccessivamente sull’acceleratore, Parigi e Berlino non ci pensano nemmeno. E si sta aprendo un fronte tra i fautori del sostegno incondizionato, che unisce la Polonia, i Baltici e la Norvegia vedendo al vertice della piramide il Regno Unito, e chi intende invece consolidare una linea politica a tutto campo che apra alla possibilità di trovare una via d’uscita dalla guerra.
L’Ucraina come mezzo e non come fine, in sostanza. Mezzo per conseguire il contrasto della Russia, per gli Usa, o per cercare una quadra a una rinnovata relazione in campo europeo per ricordare all’Ue quale coppia comanda, come vale per Parigi e Berlino. Mezzo per rodare in battaglia armi destinate all’export e ritrovare compattezza occidentale. Mezzo per ritornare nell’agone globale per il Regno Unito, che pure nella retorica vede il sostegno a Kiev come un fine in quanto tale. Queste dinamiche fanno sì che la linea del sostegno incondizionato inizi a scricchiolare continuamente perché ogni nazione in questa guerra ha individuato obiettivi, priorità e linee rosse. Non necessariamente passanti per la pace immediata ma che sicuramente poco coincidono, in larga misura, con la linea desiderata a Kiev, che preme per un escalation in suo favore. Una linea complessa che fa franare il fronte del sostegno incondizionato e “romantico”. Ammesso che in un anno di guerra esso sia mai esistito.
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