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Il carcere è un'altrove esistenziale e non una prospettiva di vita diversa: ai detenuti va spiegato che sono recuperabili – Il Riformista

Quello che non capisce la politica

Redazione — 21 Febbraio 2023

Il carcere è un’altrove esistenziale e non una prospettiva di vita diversa: ai detenuti va spiegato che sono recuperabili

Scelgono la morte, scelgono di morire con un lenzuolo stretto attorno al collo o inalando gas dai fornelletti per cucinare. Scelgono la morte perché la vita in carcere non è vita. Perché quello stesso carcere che dovrebbe rieducare e reinserire, oltre che punire per un errore commesso, non è umano. È insostenibile. E se non si vuole guardare la muffa, i topi, le condizioni delle celle, la carenza di personale amministrativo e medico, guardiamo i numeri dei suicidi. E avremo il quadro esatto di cosa vuole dire oggi carcere.

“Più che il sovraffollamento e il degrado, una causa che porta i detenuti al suicidio è il disagio psicologico di essere finiti in una condizione da cui è impossibile riemergere”. Lo ha spiegato Emilia Rossi, componente del Collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, oggi a Torino a un convegno, in Regione, su questo tema moderato dal garante dei detenuti piemontese Bruno Mellano. “Dall’inizio di quest’anno – ha sottolineato Rossi – ci sono già 6 persone in Italia che si sono tolte la vita in carcere, e gli 85 suicidi del 2022 sono molti più dei circa 40 all’anno che si registravano mediamente nei periodi precedenti. Molti casi di suicidi si sono verificati a poche ore dall’ingresso in carcere, quindi non hanno niente a che fare con il degrado materiale delle strutture e con il sovraffollamento né con il caldo dell’estate 2022. Hanno a che fare con la sensazione di essere finiti in un’altrove esistenziale, in una sorta di buco a cui la società esterna è indifferente, e con la sensazione di essere irrecuperabili”.

“A un detenuto – ha rimarcato Emilia Rossi – serve avere per quando uscirà dalla detenzione delle prospettive diverse da quelle che lo hanno portato in carcere: un’abitazione per accedere a una misura alternativa, opportunità di lavoro, ma anche un clima culturale diverso, nel quale diminuisca lo stigma sociale”. E invece è l’inferno dentro e fuori dal carcere. E fino a quando la politica non comprenderà che il carcere, oggi così com’è concepito, non rieduca, non aiuta a riflettere, non offre nessuna seconda possibilità a nessuno, sarà sempre e solo inferno.

Redazione

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