Cipro ha un nuovo presidente. L’ex ministro degli Esteri, Nikos Christodoulides, ha sconfitto un altro diplomatico, Andreas Mavroyiannis, diventando così il capo dello Stato dell’isola divisa. Per Nicosia non si tratta di una sorpresa né di una rivoluzione. L’ex ministro si era infatti candidato come indipendente, strappando con il partito conservatore del presidente uscente Nikos Anastasiades ma non con l’impostazione politica. Anche se Christodoulides è uscito dal partito, accusato talvolta di opportunismo e tradimento, non ha mai rinnegato la sua linea moderata seguita nel governo precedente, e potrebbe quindi rappresentare un cambiamento molto soft rispetto all’altro esecutivo, se non, paradossalmente, la continuità.
Per Cipro si tratta in ogni caso di un passaggio importante. Il nuovo presidente dell’isola ha al momento diversi dossier sul tavolo e si dovrà confrontare con quello che è il problema principale: la divisione tra nord e sud. Secondo molti osservatori, Christodoulides dovrebbe optare per la cosiddetta “linea dura”. I negoziati per il momento sembrano paralizzati, e i partiti che hanno sostenuto il nuovo presidente appartengono all’ala più oltranzista sulla questione della divisione dell’isola. E il nuovo capo di Stato, di fronte a una situazione complessa come quella del Mediterraneo orientale e dei rapporti tra Grecia e Turchia, non sembra intenzionato a compiere fughe in avanti. Anche perché a nord, l’attuale leader turco-cipriota Ersin Tatar ha già fatto intendere che l’unica soluzione all’impasse è quella dei due Stati, uno greco-cipriota, l’altro turco a nord.
Nelle prime ore dopo l’elezione sono arrivati segnali distensivi: Tatar ha telefonato all’”omologo” greco-cipriota per congratularsi, mentre Christodoulides ha detto di essere pronto a incontrare il suo dirimpettaio il prima possibile. L’idea è quella di far riprendere i negoziati, quantomeno a livello formale. Ma le condizioni di partenza non appaiono delle migliori.
D’altro canto, Cipro è solo il primo dei tre tasselli elettorali del Mediterraneo orientale e rappresenta uno dei vertici di una curiosa triangolazione che unisce Grecia, Turchia e appunto l’isola. Quest’anno infatti, insieme a Nicosia sarà una data fondamentale anche per Atene e Ankara, impegnate nelle elezioni generali. Rivali sull’Egeo e su vari fronti del Mediterraneo, Grecia e Turchia giocano la loro partita anche sul suolo cipriota, rappresentando ognuna i propri interessi ma anche quelli di una delle due parti dell’isola. Inevitabilmente, il dialogo tra Cipro sud e Cipro nord così come il grande nodo dei giacimenti di gas intorno all’isola rappresentano dei dossier centrali per le agende di tutti e tre gli Stati. Ed è abbastanza chiaro che le elezioni in Grecia e Turchia saranno incise e incideranno proprio su questi temi che accendono tanto l’opinione pubblica ellenica quanto quella anatolica.
Il 2023 potrebbe quindi trasformarsi in un curioso momento di svolta (e quindi anche di tensione) per il quadrante del Mediterraneo orientale, soprattutto se dovesse riaccendersi la narrativa più nazionalista di Recep Tayyip Erdogan. Cipro, se si mettono insieme l’elezione del nuovo presidente insieme a quella meno nota ma non meno indicativa del nuovo arcivescovo, sembra avere blindato la svolta europea e atlantica. E non a caso anche dai media greci sono arrivati commenti sul fatto che Washington dovrebbe interessarsi di più a una soluzione della questione dell’isola, ormai apparentemente irrisolvibile. Inoltre, Christodoulides, in continuità con Anastasiades, vuole blindare i rapporti con Grecia e Israele, riconfermando quell’asse del Levante anche in chiave energetica (quantomeno elettrica).
Le tappe delle elezioni in Grecia e della Turchia saranno dunque ancora più importanti, dal momento che esse rappresentano fattori fondamentali dell’assetto strategico della regione. Il centenario della Repubblica turca fa sì che Erdogan voglia giocarsi ogni carta per ottenere la conferma come leader del Paese. Ma anche in Grecia queste elezioni saranno fondamentali, soprattutto per i tanti punti interrogativi che riguardano l’economia, le partite interne e internazionali e, chiaramente, l’eterna sfida con Ankara. Rimane il punto interrogativo del governo israeliano, che al momento appare più che sotto pressione. E Cipro, in tutto questo, è un palcoscenico fondamentale, crocevia di interessi che uniscono a un anniversario di peso: nel 2024 saranno 50 anni dall’intervento militare turco che ha sancito la divisione dell’isola.
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