Roma, 10 mar – Ormai il copione è bello che scritto, e il Cdm “passerella” tenuto a Cutro lo ha dimostrato per l’ennesima volta. Il governo si indirizza sull’inasprimento delle pene agli scafisti, senza minimamente immaginare come fermare le partenze, un argomento che sembra ormai passato definitivamente in secondo piano.

Cdm Cutro, cosa prevede il decreto immigrazione

Dalle parole ai fatti, il decreto immigrazione diventa concreto. Il punto vero semmai è nella consistenza dei fatti stessi. Il Cdm di Cutro esprime i caratteri di un provvedimento che punta all’inasprimento sanzionatorio (la cui applicazione sarà peraltro tutta da verificare, ogni riferimento ai casi delle Ong è puramente voluto) ma tralascia tutto il resto, demandandolo ormai a un dialogo “europeo” non diverso da quello che avviavano gli esecutivi con protagonista il Partito democratico per poi finire – come sempre – nel nulla. Alla promessa del premier Giorgia Meloni di voler “combattere la schiavitù del Terzo Millennio”, segue un’altra del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di un “commissariamento dei centri accoglienza non conformi” allo scopo di “non perdere posti” (incoraggiando per l’ennesima volta gli arrivi). Poi certo, c’è Carlo Nordio, il cui intervento è il cuore del decreto immigrati. Visto che il ministro della Giustizia parla del tanto rumoroso inasprimento di pene di cui sopra: “Un intervento estremamente severo nei confronti loro e anche di chi promuove e finanzia la tratta di persone”, dice. Descrivendo poi i “tre momenti” caratteristici dei nuovi interventi: “Il primo è un inasprimento delle pene, aumentate in misura consistente, ma soprattutto vi è una nuova fattispecie che punisce da 20 a 30 anni di reclusione, il massimo possibile, quando deriva, come conseguenza non voluta parte degli scafisti, la morte o la lesione grave o gravissima di più persone. Se la conseguenza fosse voluta, ci troveremmo di fronte alla fattispecie di omicidio aggravato”. E infine “l’allargamento di giurisdizione penale dello Stato italiano. Quando l’imbarcazione è diretta verso il territorio nazionale, anche se il disastro si verifica in acque extranazionali, la giurisdizione penale italiana viene affermata”.

Pene più aspre va bene, ma verranno fatte rispettare?

L’aspetto da sottolineare di più, oltre a quello di aver ceduto, in pratica, all’immigrazionismo legale (non diverso da quello clandestino in quanto a danni provocati al tessuto sociale nazionale) è esattamente questo: pene e sequestri esistevano già prima in teoria, soprattutto se parliamo di Ong. Ma il governo non le ha quasi mai esercitate, lasciando i “promotori” dell’immigrazione clandestina sempre a piede libero. Insomma, qualche urlo e nient’altro. Accadrà lo stesso con gli scafisti? Finora il fenomeno non solo non è stato ostacolato nelle sue dinamiche strutturali, ma non è neanche stato sanzionato come – in teoria – andrebbe fatto ben da prima del “decreto immigrazione” che l’esecutivo sembra aver partorito più per necessità comunicativa che sostanziale a Cutro. Il premier, in un passaggio rilancia la questione diretta ai clandestini stessi, lanciandogli un messaggio: “Non conviene rischiare la vita per venire in Italia affidandosi a queste persone”. Il punto è il contraltare, ovvero l’alternativa che l’esecutivo sta ponendo in essere: offrire posti di lavoro in un paese in cui tanti già non ne hanno. Un atteggiamento che, come emerge da un’inchiesta piuttosto inquietante pubblicata ieri dal Giornale, incoraggia eccome anche le partenze illegali, perché stimola la disinformazione nei luoghi di partenza. L’incursione dei giornalisti nelle chat WhatsApp e nei gruppi social ha evidenziato alcuni casi di “promozione” del nostro Paese come una sorta di Eden paradisiaco per clandestini. Tra questi, emerge in particolare una frase: “Il primo ministro italiano ha informato che servono 80mila migranti“. Purtroppo, al di là della distorsione, non è un’informazione troppo lontana dalla realtà.

Alberto Celletti

Ti è piaciuto l’articolo?
Ogni riga che scriviamo è frutto dell’impegno e della passione di una testata che non ha né padrini né padroni.
Il Primato Nazionale è infatti una voce libera e indipendente. Ma libertà e indipendenza hanno un costo.
Aiutaci a proseguire il nostro lavoro attraverso un abbonamento o una donazione.